Il Quinto Elemento
A Novembre la nostra gatta Nala stava morendo. L'hanno salvata i veterinari e la tecnologia, ma Bryan Johnson suggerisce che pillole o esercizi non sono sufficienti a ingannare la morte.
Ho scritto l’ultimo post cinquanta giorni fa. Troppo, lo so, e me ne scuso.
La mia giustificazione: a novembre, mentre montavo la nostra nuova libreria su misura, la nostra gatta si è gravemente ammalata, rischiando di morire.
Oggi ho visto il documentario Netflix Don’t Die: racconta l’esperimento vivente di Bryan Johnson, un facoltoso imprenditore che, venduta la propria società, utilizza le sue ricchezze per cercare di non morire. Cosa c’entra tutto questo con la mia gatta e la tecnologia?
Nala è parte della nostra famiglia da sempre. Da subito. È un pezzo di quel futuro che sognavo da bambino. Io e mia moglie l’abbiamo adottata poco dopo essere andati a vivere insieme, pochi mesi dopo esserci conosciuti. Abbiamo costruito la nostra famiglia in tre, superando ostacoli, gioie e disperazioni in quattordici anni. La verità è che abbiamo imparato a essere una coppia grazie a lei, e non sappiamo come fare senza. Non abbiamo mai allenato quel muscolo.
La mattina del terzo giorno di progressivo disinteresse al cibo l’abbiamo portata dal veterinario: pancreatite. Le hanno somministrato una cura ai fluidi e antidolorifici, rimandandola poi a casa. Due giorni dopo, però, la situazione è precipitata: Nala quasi non si muoveva più, non mangiava, e altre funzioni vitali erano compromesse. Quando ha iniziato a sanguinare, disperati, abbiamo chiamato il servizio notturno per addormentarla.
Nell’attesa, tra le lacrime, le abbiamo trasmesso tutto l’amore possibile, sperando in un miracolo improbabile. L’abbiamo accarezzata per un’ora, ringraziandola per quattordici anni di dolcezza.
Il miracolo si è presentato sotto forma di una bravissima veterinaria, Emeline.
La dottoressa, incredibilmente professionale, ci ha spiegato le opzioni e rassicurato sul fatto che qualsiasi decisione, data la sua età - 16 anni - e le condizioni, sarebbe stata comprensibile. Ha però proposto un ultimo tentativo: la terapia intensiva. Con un ricovero immediato, Nala avrebbe potuto superare la crisi e recuperare. Non ci abbiamo pensato due volte.
L’abbiamo ricoverata all’una di notte; alle tre ci hanno chiamati.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Viviamo nel futuro che sognavo da bambino per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.